IL MIO ESPERIMENTO SUL RAPPORTO SONNO/PRESTAZIONE IN ATLETI MASTER

Sonno e prestazione sono concetti fortemente interconnessi, importantissimi per ogni atleta. Ma quanto è importante il loro rapporto se parliamo in specifico di master?

Scopriamolo attraverso un piccolo esperimento.

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I PROBLEMI DEI MASTER

I problemi principali dei master di ogni livello (parlo di atleti dai 35 anni in su con famiglia e figli) sono primariamente:

  • la gestione del cibo
  • la gestione del sonno

Il problema legato all’alimentazione preferisco lasciarlo in specifico ad altri post. Anzi, ancora meglio, direttamente agli amici nutrizionisti, poichè oltre a non essere il mio principale blocco di competenza, quando parlo di cibo mi spuntano due baffetti neri e l’accento “tetesco”.

Ecco perchè, anche nel mio libro RUN, ho lasciato la sezione alla bravissima Dott.sa Spinella, che ha trattato l’argomento con tanti consigli semplici e pratici per gli atleti di ogni valore.

Chiedete consigli alimentari ad uno come me e sarete trattati come Fantozzi nella clinica di Birkermayer.

Scherzo. Più o meno😂.

Passiamo al secondo problema, che in questo caso è quello che ci interessa: in RUN ho dedicato al sonno diverse pagine molto “dense” di studi, info e consigli.

  • Tutti abbiamo i nostri ritmi di sonno.
  • Tutti, purtroppo, dormiamo una media abbastanza scarsa di ore a notte (almeno una o due ore in meno – 6 a notte circa – rispetto a ciò che dovremmo…se fossimo un filo più lungimiranti).

Dati come consolidati questi concetti, una cosa di cui mi sono potuto accorgere avendo a che fare spesso con atleti over 35 che si allenano ed al contempo mantengono una vita lavorativa, sociale e familiare normale, è…

la volontà di rimanere spesso fino a tardi sul divano a guardare film o trasmissioni TV, magari perdendo i sensi e risvegliandosi in piena notte, per poi trascinarsi a letto e riaddormentarsi in maniera più o meno difficoltosa, fino al suono della sveglia (quando va bene).

Anche a me capita. E, nel corso degli anni, ho ritrovato questa abitudine in tantissime persone che conosco, nonchè in praticamente tutti gli atleti master che seguo, salvo rare eccezioni.

E se queste stesse persone, al di là delle ore di sonno totali (quelle pseudo-normali), andassero direttamente a letto ai primi sintomi di sonno e potessero godere così di un riposo più lineare? Cambierebbe qualcosa nelle loro prestazioni sportive?

La risposta potrebbe sembrare scontata ma, a conti fatti, non lo è fino in fondo.

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L’ESPERIMENTO

Ciò che segue è un breve studio/esperimento di un mese, che ho fatto con l’aiuto di otto triatleti master, dai 36 ai 54 anni, con moglie, figli e lavoro alle spalle.

Se i risultati vi incuriosiscono, continuate a leggere: lo studio è semplice, breve e conciso.

Visto che non si tratta di uno studio scientifico vero e proprio ma piuttosto di un esperimento controllato, evito di inserire dati, tabelle e percentuali, per favorire una lettura più scorrevole e un arrivo più diretto alle conclusioni che ci interessano (chiunque sia interessato a questi dati o ha domande specifiche o dubbi può contattarmi direttamente).

Procediamo.

Venendo da uno stesso tipo di approccio a livello allenante, definiamolo “paritario” (stessa squadra, allenamenti condivisi nel 70% dei casi), ho diviso questi 8 atleti in 2 gruppi da 4, seguendo una logica di età e prestazione (più o meno stessa età, stesso valore, tempi simili e medesime potenzialità da una parte e dall’altra).

  • Gruppo A: un 37enne, un 43enne, un 48enne e un 50enne.
  • Gruppo B: un 36enne, un 44enne, un 48enne e un 52enne.

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I TEST E LE SEDUTE

Prima di cominciare l’esperimento ho fatto fare, sia al gruppo A, sia a quello B, un test dei 6′ (per stabilire il passo di massimo consumo di ossigeno) e un test di 40 minuti di corsa (per stabilire un passo medio di seconda soglia), in giorni diversi, inframezzati da un adeguato recupero (un giorno di riposo).

Questi test, svolti in gruppo, danno ottimi risultati perchè l’ingaggio è maggiore.

In seguito, anche grazie al “momento storico particolare” (piena pandemia di covid – mese di settembre/ottobre 2020) ho pareggiato gli stimoli allenanti ad entrambi i gruppi: stessi lavori, per 4 settimane. Un mese di mantenimento classico per la corsa, abbinato a scarico completo per le altre discipline.

Come detto, abbiamo usato la corsa come binario preferenziale: 4 uscite (3 per gli over 50) così suddivise:

  • 1 seduta breve ad alta intensità a settimana (a base di intervalli brevi o medi), preceduta da un richiamo di forza ed elasticità.
  • 1 seduta a media intensità a carattere prolungato (corsa media o progressivo)
  • il resto scarico o sedute aerobiche (Z1/Z2)
  • una seduta (un’oretta) di nuoto in relax con una semplice ripresa tecnica (15’/20′)
  • una uscita tranquilla di bici a completare (2h circa)

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GLI INPUT

Ho naturalmente chiesto ai gruppi la cortesia di allenarsi insieme il più possibile e, a parte 4 sedute defaticanti, questo è sempre avvenuto in tutto l’arco dell’esperimento.

Al gruppo A non ho dato input post-allenamento di nessun tipo.

Ai componenti del gruppo B invece ho chiesto collaborazione e segretezza.

Ho spiegato che dovevo fare un piccolo test e ho richiesto loro di andare a letto la sera esattamente nel momento in cui sentivano arrivare il sonno, senza fare tappe particolari sul divano o davanti al computer.

Inutile dire che se chiedevo 500 euro a testa facevo prima. Dopo un patteggiamento piuttosto difficoltoso sono riuscito ad avere completa (o quasi) disponibilità.

Colgo l’occasione per ringraziare il gruppo. Devo dire che sono stati bravissimi. Alcuni alla fine mi hanno addirittura ringraziato e sono stati super-ligi, altri mi hanno mandato a quel paese più volte, trasgredendo, ma sempre informandomi.

Durante il mese mi sono fatto inviare le sensazioni prima e dopo ogni singolo allenamento (percezione dello sforzo in scala RPE 0-20). Inoltre ho collezionato la FC a riposo, la FC in allenamento e i risultati di ogni singolo lavoro svolto.

Mi sarebbe piaciuto tenere d’occhio anche l’HRV (heart rate variability), ma solo in pochi lo avevano a disposizione (sebbene io preghi sempre di prendere questa buona abitudine in termini di misurazioni) e non mi sono sentito di tirare troppo la corda vista la richiesta di cambio di abitudini.

Al termine del mese, anche se ciò che ci interessava era grossolanamente il mantenimento della prestazione di corsa, ho ripetuto sia il test dei 6′, sia quello dei 40′. L’ho fatto per avere un riscontro sui vari parametri e soprattutto per dare pepe ai 2 gruppi.

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I RISULTATI

IL GRUPPO B

  • è riuscito a mantenere esattamente la tabella di marcia come era stata disegnata, senza alcun cambiamento.
  • Le FC a riposo sono rimaste mediamente più basse di un battito (spesso due) rispetto a quelle del gruppo A
  • La RPE media (percezione dello sforzo) negli allenamenti è stata in media di 2 punti inferiore del gruppo A (alcune volte anche maggiore).
  • Al termine del mese, inoltre, il mood dei 4 era piuttosto positivo.

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IL GRUPPO A

  • ha avuto problemi di recupero in scala crescente (dal più giovane al più anziano) almeno una volta a settimana (la seconda settimana in 2 hanno saltato 2 sedute, la terza tutti una, la quarta in 3 hanno saltato 1 seduta e il più anziano 2).
  • Tutti e 4, al termine del mese, all’atto del test, hanno terminato con una RPE più alta dei compagni

MA………….

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UN RISULTATO (QUASI) INASPETTATO

Tutti sono comunque migliorati di qualche secondo sia nel test dei 6′, sia nel test dei 40′, il gruppo B in maniera più netta.

Questo probabilmente a causa dei costanti allenamenti in gruppo che hanno alzato il tenore medio, grazie alla presenza dei più giovani e del clima piuttosto gioviale e competitivo che si era creato (gare lontanissime, testa più libera, goliardia, competizione).

Questo, al di là di test ed esperimenti, testimonia quanto sia importante l’allenamento in gruppo per la crescita della prestazione.

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CONCLUSIONI

Ciò che è palese in questo piccolo giochino che ho organizzato è che i 4 del gruppo A, al termine del mese, a parte le diverse defezioni, sono arrivati al test con un grado di stanchezza più marcato e un mood meno carico dei loro compagni (oltretutto l’RPE nel test finale, come detto, è stato più marcato).

Questo ci porta a considerare che, dato un periodo più intenso, lungo e serrato, i ragazzi del gruppo A sarebbero stati più in difficoltà rispetto ai compagni nella gestione.

Ecco perchè sono spesso costretto a dover modificare più volte in corsa i programmi agli amatori. Problemi sul lavoro, pensieri, sonno difficoltoso: tutte variabili REALI da fronteggiare.

Di questa considerazione se ne sono accorti anche i grandi boss dell’A-TEAM, una volta messi al corrente del gioco a cui avevano partecipato loro malgrado, mentre quelli del B-TEAM se la ridevano gioiosamente.

Per dovere di cronaca devo dire che i ragazzi più giovani (36 e 37 anni) sono quelli che hanno risentito meno di tutti i lavori, sonno lineare o no (quello della squadra B, anche se si è impegnato, è stato abbastanza disobbediente: vita sessuale troppo intensa🙈…questi “giovani”….😂).

Con l’aumento dell’età anagrafica, invece, un sonno più uniforme ha aiutato (eccome) a mantenere una capacità di recupero più breve fra le sedute e una percezione del sforzo minore durante gli allenamenti più intensi e i test.

Sopra i 45 anni si è vista la vera differenza.

I master sopra questa soglia aguzzino le orecchie!😉

Mi fermo qui. Per info e domande scrivetemi senza alcuna remora!

Spero di avervi interessato.

Alla prossima.

D.

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