LA RIVOLUZIONE DELLE SCARPE DA RUNNING: COSA STA SUCCEDENDO E DOVE CI STIAMO DIRIGENDO

Parto subito forte: credo che attualmente si sia arrivati a dare troppa importanza alle calzature da running in rapporto alla cura delle caratteristiche individuali.

Sento spessissimo preoccuparsi “di quali scarpe indossare in gara”. Leggo troppi discorsi sui vari forum su “quali vantaggi può garantire una certa scarpa piuttosto che un’altra”. Si parla tanto di finezze dimenticandosi che i mattoni della casa di un atleta sono altro.

Questa situazione sta favorendo i brand di calzature che, molto furbescamente, la alimentano e ci giocano.

Naturalmente c’è un motivo tecnico dietro a questa risposta popolare e lo vedremo fra poco.

Sia chiaro: la colpa (se così possiamo chiamarla) di questo contesto è dell’utente finale, non delle aziende. Le aziende investono e devono vendere. Si tratta di strategie commerciali.

In questo periodo sto dedicando anima e corpo all’imminente uscita del mio libro sulla corsa (lasciate un pò di spazio anche a me per la promozione😉: “RUN”, Pasqua 2020, su Amazon, sia in versione digitale, sia cartacea), ma ho qualche considerazione su questo argomento voglio lasciarla, con la speranza sia in grado di rendere la situazione tecnico/commerciale che stiamo vivendo un pò più limpida.

La faccio breve e semplice.

MOTORI ED ECONOMIA

La corsa non è solo un fatto di “motori e cilindrate”. Avere a disposizione un 3000 turbo di certo aiuta, è chiaro.

Ma è anche vero che, mano a mano che la distanza si allunga, anche il consumo comincia ad incidere percentualmente in modo considerevole.

In poche parole non sono solo le caratteristiche metaboliche e/o cardiorespiratorie a fare la differenza.

Esistono dei fattori più fini che in un gesto ciclico, alla lunga, incidono eccome. Parlo dei fattori neuromuscolari e biomeccanici.

Questi fattori, insieme agli altri descritti, vanno a comporre un disegno di ECONOMIA GENERALE dell’atleta.

Tutto si riduce ad un costo generico: ossigeno speso al minuto. Ed è stato notato che, a parità di “motore” (chiamiamola potenza aerobica), vince SEMPRE chi è più economico, cioè chi riesce ad avere la stessa resa con meno spesa.

LA REGOLA AL SERVIZIO DELLO SVILUPPO COMMERCIALE

Avendo centri di sviluppo scientifico con i controfiocchi ed ingegneri al lavoro giorno e notte, i brand calzaturieri hanno intuito e studiato questa regola da tutti i punti di vista.

Gradatamente si sono accorti che, sebbene “i motori” fossero intoccabili in quanto regalo della natura al singolo, attraverso la calzatura potevano comunque riuscire ad influire sull’aspetto neuromuscolare e biomeccanico.

Come?

  • Peso ridotto
  • Protezione più accentuata della muscolatura impegnata
  • Stabilità (movimenti laterali e torsionali)
  • Riduzione dei tempi di contatto al suolo (stiffness)
  • Ritorno di energia elastica

LA RISPOSTA DEI VARI BRAND

Nike, per prima, è riuscita a portare i risultati più concreti attraverso i modelli di Vaporfly, una lamina in carbonio e la sua mescola zoom x (a base Pebax Foam). La vaporfly è una piuma (185 gr) e “ritorna” di quasi un 88% a livello elastico, a seguito della compressione in corsa.

Adidas col suo boost è subito dietro. Poi Hooka, Brooks, Saucony, New Balance.

Più o meno tutti adesso si stanno adeguando agli standard dettati da Nike.

Le foto dei prototipi in uscita prima dell’intervento della IAFF erano chiari quanto divertenti: mostri simili a zoccoli morbidi con altezze di suola sempre maggiori e diverse lastre di carbonio in grado di restituire più energia elastica possibile.

L’ALT DELLA FEDERAZIONE MONDIALE

La Federazione mondiale di atletica, per evitare che si andasse tutti a correre sui trampoli di qui a poco, ha pensato bene di dare qualche ALT specifico:

  • 40mm max di suola per le scarpe da strada
  • 30mm per le chiodate
  • Non più di una lamina (di qualsiasi materiale) lungo la lunghezza della scarpa o una/più parti posta/e però sullo stesso piano.

Questo è un bene, perchè mette tutti i brand a concorrere entro regole precise ed entro una “altezza fissa” che eleva gli standard qualitativi piuttosto che quelli quantitativi (più altezza sfruttabile = più finezze tecniche inseribili).

MA AIUTANO VERAMENTE QUESTE SCARPE?

Risposta: genericamente sembra di SI. Ma non tutti e comunque tutti in maniera diversa.

Al di là che si chiamino Vapor o Alphafly o in qualche altro modo fantasioso, in generale si tratta di modelli (costosi!) che, oltre ad una mescola super-performante (ognuno ha il suo brevetto con i relativi benefici), montano una lamina rigida (spesso di carbonio) che corre lungo tutta la lunghezza della suola, che dona rigidità (qualità più o meno apprezzata), stabilità ed una (in teoria) migliore resa a livello di economia.

Le evidenze scientifiche generiche a pro sono diverse (ho incluso alcuni importanti studi in fondo al post che invito a leggere).

La cosa che non viene spiegata è che nessuno è in grado di sapere QUANTO POSSONO AIUTARE IN SPECIFICO OGNI SINGOLO ATLETA.

Ognuno è in possesso di una propria attività neuromuscolare e biomeccanica singolare e specifica. Quindi un aiuto uguale per tutti (in questo caso la scarpa) può chiaramente avere maggior peso per alcuni e minore per altri.

Esempio generico stupido e non esattamente calzante, ma chiaro per capire il paragone:

una macchina tira ai 10 all’ora in una salita 5 podisti attraverso una corda. Stessa forza in aiuto di ogni podista. Quell’aiuto sarà di certo uguale per tutti……ma le singole caratteristiche di ognuno gli daranno un peso fisiologico differente.

Non solo. Avendo noi tutti, come detto, biomeccaniche peculiari e differenti è normale che “l’interferenza” di queste calzature possa procurare esiti fisici diversi su ognuno.

Vi saranno quindi runner con gambe perfette e riposate dopo gare ed allenamenti e altri potenzialmente….. infortunati!

Quindi ecco perchè esistono tante discussioni, voci, risultati e pareri su questa tipologia di scarpe. Almeno tante quante i runner che le provano.

CONCLUDENDO

Che abbiate intenzione di usare Nike, Hooka, Adidas, Saucony, NB o altro, sappiate che siete sempre voi a fare realmente la differenza.

Sapete: trovo sia errato di base “pensare ad un aiuto”. Per questo motivo, da parte mia evito questo genere di calzature e ne sconsiglio l’uso per una questione puramente etica e di pensiero.

Negli anni ’80 si correva con dei “mocassini” e i tempi medi di certe gare erano NETTAMENTE superiori rispetto agli attuali. Questo a sottolineare che si privilegiavano altri ragionamenti.

Poi è ovvio che il progresso scientifico non si fermerà di certo di fronte a queste considerazioni e, molto probabilmente, nel giro di un decennio (forse meno) queste scarpe saranno all’ordine del giorno e alla portata di chiunque.

Non so ancora se considerarlo un aspetto del tutto positivo, mi perdonerete.

Fino ad allora…almeno io…voglio viverla da vecchio conservatore pronto a cambiare idea di fronte all’evidenza.

Riferimenti scientifici utili con paragoni fra modelli e risultati ufficiali:

2019 – “Running economy, mechanics, and marathon racing shoes” – Iain Hunter, Aubree McLeod, Dru Valentine, Tyler Low, Jared Ward & Ron Hager

2019 – “Does increased midsole bending stiffness of sport shoes redistribute lower limb joint work during running?” – Cigoja S, Firminger CR, Asmussen MJ, Fletcher JR, Edwards WB, Nigg BM.

2019 – “A Randomized Crossover Study Investigating the Running Economy of Highly-Trained Male and Female Distance Runners in Marathon Racing Shoes versus Track Spikes” – Barnes KR, Kilding AE

2019 – “The Biomechanics of Competitive Male Runners in Three Marathon Racing Shoes: A Randomized Crossover Study” – Hoogkamer W, Kipp S, Kram R.

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