IL RUNNER, Il TRIATLETA E LA SUA SALUTE AI TEMPI DEL CORONAVIRUS

C’è qualcosa che tutti gli atleti abituati a ritmi di allenamento al di sopra di un certo livello (grossolanamente sopra le 3 volte settimanali) percepiscono affrontando questi difficilissimi tempi di pseudo-clausura dovuti al propagarsi del COVID19, ma che non riescono a cogliere, giustificare e quantificare esattamente.
Stati d’animo. Sintomi più o meno diffusi di malessere.
Si tratta di un calo fisiologico che prende vari aspetti psico-metabolici, dalla forma fisica fino all’umore. Una sorta di nervosismo insistente foraggiato anche dall’incessante (quasi cronica) comunicazione dei media.
Come mai?
LO STUDIO DI BOEKER

Prendo come riferimento uno studio che il dottor Henning Boecker e i suoi colleghi dell’Università di Bonn, in Germania, condussero a fine 2008 (“The Runner’s High: Opioidergic Mechanisms in the Human Brain” – Oxford Academic, Cerebral Cortex, 2008). Ricerca che ho inserito anche all’interno del mio libro (“RUN” – Correre ed allenarsi per migliorare – in uscita su AMAZON sia in versione Kindle sia in versione cartacea entro l’estate 2020).
Questi signori misurarono i livelli di oppioidi cerebrali con uno scanner in dieci runner amatori abituati ad uno stato di allenamento medio/alto.
Questi stessi atleti avevano in precedenza riferito di aver vissuto quello che classicamente viene chiamato “Runner’s high”: quello stato di piacere pseudo-euforico che si prova dopo un allenamento o una gara a buona intensità. Ciò che è stato misurato è la secrezione di tutte le forme di oppioidi endogeni seguita da un semplice sondaggio sull’umore di quegli atleti.
I ricercatori hanno riferito un aumento del rilascio di oppioidi nel cervello di ogni runner, in particolare nella corteccia prefrontale (il più importante centro di pianificazione e valutazione della realtà), nella corteccia cingolata anteriore e in quella insulare (uno spazio dove si crea la percezione del proprio corpo, una sorta di sensibilità soggettiva di ciò che accade al nostro interno).
I soggetti che hanno riportato i più alti livelli di “euforia” post-allenamento avevano anche i più alti livelli di rilascio di oppiacei.
ALLENAMENTO, OPPIODI CEREBRALI ED ENDOCANNABINOIDI

Riassumendo, ci appare chiaro come un sano ed intenso esercizio fisico possa provocare, a breve termine, una riduzione dell’ansia e addirittura, agendo su precisi centri di sensibilità soggettiva, una aumentata soglia del dolore.
Ciò coincide proprio con un aumento dei livelli di oppioidi cerebrali e, presumibilmente, di endocannabinoidi (dei lipidi bioattivi che sostanzialmente modulano la eccitabilità neuronale), che, agendo sul sistema nervoso, possono insieme produrre questi effetti psicoattivi a breve termine.
QUESTIONE DI DOPAMINA E DIPENDENZA

Inoltre, grazie alla scienza, sappiamo che endocannabinoidi e oppioidi possono attivare indirettamente le cellule di dopamina dell’area tegmentale ventrale del cervello (il VTA, una porzione chiave del circuito del piacere!) e quindi stimolare la sensazione di piacere e benessere fisiologico.
Ecco perchè l’esercizio fisico può creare dipendenza.
Così come tutte le altre sostanze (droghe, etc) e comportamenti (il sesso, per esempio) che provocano un aumento del rilascio di dopamina in suddetta regione cerebrale.
Ed è qui, però, che cominciano anche i problemi.
ASTINENZA

Qualsiasi runner, triatleta o sportivo di endurance abituato a continuità di allenamento e a certe intensità e tempistiche, in regime di clausura più o meno forzata, rientrerà in quel segmento di personaggi che potremmo definire “in astinenza”.
“La crisi d’astinenza è una sindrome, caratterizzata da segni e sintomi sostanza-specifici, che appaiono alla sospensione o alla riduzione dell’utilizzo di una sostanza assunta a dosi elevate e per un lungo periodo di tempo”. (l’endurance in questo caso)
(Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, IV-TR, 2000)
Quali sono questi sintomi? Esattamente quelli descritti ad inizio di questo articolo.
Attenzione: avremmo un problema simile anche in caso di infortunio: il nostro corpo ci negherebbe la possibilità di usarlo adeguatamente per riappropriarci delle sensazioni descritte poco fa. Una condizione forzata dall’interno e non dall’esterno.
Ma adesso chi non è infortunato rischia veramente di sentirsi ingabbiato in una situazione psico-fisica piuttosto “ingombrante”.
LE SETTE COSE DA FARE

Ecco perchè la PRIMA COSA DA FARE è NON SMETTERE DI ALLENARSI.
Ci sono tanti modi per mettere alla prova il nostro corpo in mancanza della corsa (o del ciclismo e del nuoto): circuiti di resistenza, esercizi a corpo libero o con pesi, scale (si, quelle di casa propria!) da usare come fossero sprint in salita (10/12″ di scalini e recupero scendendo al passo), saltelli con la corda ed altre semplici pliometrie, mobilità dinamica, esercizi di tecnica di corsa, esercizi propriocettivi, etc. Tutti modi per mantenere alta non solo l’attività di lavoro dei muscoli ma anche del nostro “governatore centrale” (per usare un termine dello scienziato Tim Noakes), il cervello.
Naturalmente ognuno dovrà adattare le varie proposte alla propria situazione, cercando di rimanere sempre ad un 70/80% di ciò che potrebbe realmente fare, per mantenere alta la risposta immunitaria e non incorrere in finestre più o meno lunghe di calo delle difese (ho scritto un articolo per runningpitt proprio su questo argomento, lo trovate QUI).
La SECONDA COSA DA FARE è alimentarsi bene. Non son qui a fare la pappardella sul come e perchè: non è il mio ruolo in specifico e nel 2020 ognuno di noi sa ampiamente l’ABC di come condurre una vita alimentare minimamente salutare.
Non è così?? Informatevi, leggete, studiate. La mia amica biologa nutrizionista Martina Spinella ha di recente pubblicato una serie di stories sull’alimentazione e sulla spesa ideale da fare in questi “pazzi tempi di coronavirus” che rappresentano il vademecum di ciò che è bene sapere. Cercatele sul suo profilo instagram:
https://www.instagram.com/dott.ssa.martina.spinella/
La TERZA COSA DA FARE è stare lontano il più possibile da TV, cellulari e social. Inquinano gli stati d’animo delle persone. Fanno perdere tempo in cose pressochè inutili, inconcludenti e fin troppo discorsive. Usiamoli il necessario per studiare cose utili e documentarci. STOP.
La QUARTA COSA DA FARE è ascoltare musica o fare attività (cucina, lettura, studio & C.) che tenga accesa la corteccia prefrontale, porti ad essere costruttivi e accompagni uno stato d’animo positivo.
La QUINTA COSA DA FARE è stare al sole quando c’è. Questo non significa per forza uscire di casa (in questo momento), basta anche una finestra aperta, un balcone, un uscio, un giardino. Vitamina D gratis. Un ottimo aiuto per le difese immunitarie.
La SESTA COSA DA FARE è respirare. Concentrarsi sul proprio respiro e, se si ha voglia, fare esercizi di respirazione: aiuta il rilassamento, la calma, la serenità e un sonno più lieto, il vero segreto di chi desidera vivere bene ed allenarsi con continuità.
La SETTIMA COSA DA FARE è, ogni tanto, viziarsi. Concedersi qualcosa di gratificante (un cibo particolare, un bicchiere di buon vino, un bel film, etc) non può che accompagnare un sorriso. É un atto di piacere che ha radici filosofiche.
CONCLUDENDO

Seguendo questi semplici consigli sono certo che NESSUNA CLAUSURA potrà scalfirci nè come atleti, nè come esseri umani.
Certe necessità dopaminiche continueranno ad essere foraggiate e tutto sarà più semplice, anche in una selva di cattive notizie.
É un problema di testa signori…e se la spegnamo potremmo solo cadere nell’oblio (apocalittica ma convincente).
“La mente è come un paracadute. Funziona solo se si apre”. (Albert Einstein)
Alla prossima.
D.
Per prenotare il mio libro puoi scrivere alla mail danielelucchicoaching@gmail.com