FORZA NELLA CORSA E NEL TRIATHLON

Comprendere i segreti del corpo e di come si muove nello spazio è una delle cose che mi ha sempre affascinato di più.

Pensate che la scienza, ad oggi, non è ancora riuscita a fornire certezze vere e proprie su ciò che avviene esattamente a livello biochimico dentro all’organismo quando ci muoviamo e ciò che sappiamo è probabilmente un insieme di concetti ancora parzialmente incompleto.

La fitta collaborazione fra cellule di vario tipo, tessuti muscolari e nervosi è un mondo che ci ha mostrato vari paesaggi sui quali costruire tante teorie di allenamento, ma il fatto che ancora sia possibile interpretare queste teorie, che nessuno abbia ancora la verità assoluta in tasca, dona un fascino scintillante a questo stesso mondo.

Ecco perchè l’allenamento è ancora un’arte in cui genio ed intuizione possono cambiare gli scenari possibili.

É indubbio che per cercare di spiegare un preciso ambito fisiologico bisogna possibilmente partire da ciò che lo crea e lo sostiene. Parlare di forza in campo sportivo è come parlare di sapore in campo culinario, è il pilastro che regge quel mondo.

Ogni movimento è una espressione di forza.

Mi sono sempre chiesto per quale motivo, in ambito di studi specifici, le capacità condizionali dell’uomo vengano classificate (in maniera piuttosto drastica e selettiva) in FORZA, RESISTENZA e VELOCITÁ, quando anche la resistenza e la velocità non sono altro se non, anch’esse, un effetto della forza stessa.

Forse per un semplice bisogno di identificazione, per dare un nome preciso alle cose, anche se farlo, spesso, potrebbe non essere del tutto necessario.

Parlando di forza e della sua applicazione abbiamo in realtà una visione molto completa “dell’ambaradam condizionale” umano.

Innanzitutto: l’uomo genera FORZA primariamente attraverso la contrazione muscolare.

I nostri muscoli sono come tanti stantuffi che, per aiutarci a muoverci ed affrontare resistenze di vario tipo, collaborano, contraendosi e rilasciandosi. Per farlo consumano energia.

Ma quali sono le contrazioni muscolari alle quali siamo comunemente soggetti nella vita di tutti giorni (e in ambito sportivo)?

Vediamo una prima grande classificazione:

CONTRAZIONI STATICHE e DINAMICHE

1. CONTRAZIONI STATICHE (o ISOMETRICHE)

Mi viene in mente quando qualche inverno fa cercai di spostare a mano la mia auto impantanata nella neve: cercai in tutti i modi di farlo ma alla fine fu il soccorso ACI a compiere il lavoro per me.

Sarà capitato un pò a tutti di cercare di spostare un carico non riuscendoci, seppur spingendo o tirando con tutte le forze.

Quando si spinge o si tira in maniera vigorosa contro una resistenza senza vincerla, i nostri muscoli raggiungono una contrazione più o meno evidente e non riescono più a modificare la loro struttura. In poche parole non avviene più alcun tipo di accorciamento o allungamento.

Il muscolo, seppur in forte tensione, è quindi completamente statico.

Ecco ciò che viene chiamato CONTRAZIONE STATICA o ISOMETRICA (cioè che, indipendentemente dalla tensione, mantiene la stessa metrica, la stessa misura).

2. CONTRAZIONI DINAMICHE

Tutto ciò che, d’altra parte, presuppone un allungamento o un accorciamento delle fibre muscolari viene definito DINAMICO.

Senza perdersi in tipologie di contrazioni dinamiche poco usuali (isocinetiche ed auxotoniche) proviamo a concentrarci su quelle più consuete ed ordinarie in ambito comune.

2a. Contrazioni dinamiche isotoniche

Prendete un comunissimo peso nella mano e, partendo col braccio teso, cercate di avvicinarlo alla spalla piegando il gomito.

Questa è una contrazione isotonica (in cui cioè la tensione rimane uguale durante il movimento) CONCENTRICA: il movimento è un accorciamento delle fibre muscolari, quindi i due capi del muscolo si avvicinano.

Terminato questo tipo di movimento tornate lentamente col peso alla posizione di partenza, a braccio teso.

Questa è una contrazione isotonica ECCENTRICA: il movimento è un allungamento delle fibre muscolari durante una contrazione. Senza di essa, infatti, il muscolo si distenderebbe in modo brusco, rischiando seriamente di lacerarsi.

Un’altra contrazione eccentrica conosciuta? Pensate alla corsa in discesa.

Quando atterriamo col piede abbiamo una doppia azione del quadricipite (la parte anteriore della coscia), che deve frenare ma anche allungarsi a causa del contemporaneo piegamento del ginocchio.

Le contrazioni eccentriche sono quelle in cui viene sviluppato il maggior quantitativo di forza. Per questo sono anche quelle dove i muscoli vengono messi di più “alla prova”. Seguono le contrazioni isometriche e, per ultime, quelle concentriche.

2b. Contrazioni dinamiche pliometriche

Esempio stupido a caso: beach volley.

Quando si schiaccia a rete si piegano le gambe (contrazione eccentrica) e poi si salta.

Nel piegamento delle gambe il quadricipite si allunga e immagazzina una tipologia di energia che, oltre che dal solo muscolo, proviene anche dallo stiramento di alcuni tendini della gamba stessa (tendine d’achille in primis): parlo di energia elastica.

Durante l’esecuzione del salto, le gambe si distendono grazie alla contrazione concentrica del quadricipite stesso e dei polpacci. Il risultato è un salto esplosivo con una maggiore elevazione.

In poche parole, quando una contrazione eccentrica viene seguita da una una concentrica di tipo esplosivo (cioè con un grande sviluppo di forza in pochissimi istanti), si sviluppa quella che viene chiamata una contrazione pliometrica.

ATTENZIONE: Quando l’azione pliometrica è eseguita con movimenti articolari molto ridotti e rapidissimi parliamo di……….

2c. Contrazioni esplosivo-elastico-riflesse (concetto di Stiffness)

Un esempio lampante? La corsa e i salti. Ma vedremo meglio questa espressione di forza in fondo a questo stesso post (vedi paragrafo dedicato alla “stiffness” all’interno della classificazione dei tipi di forza).

LA FORZA É NULLA SENZA…CONTROLLO

Ciò che è necessario comprendere è che nessuna fibra muscolare si muove se prima non parte un impulso nervoso dal nostro cervello.

Ecco perchè forza e sistema nervoso sono sempre collegati ed ecco anche perchè il primo grande cambiamento che avviene a livello incrementale (di forza) è proprio dovuto a fattori nervosi.

RECLUTAMENTO, SINCRONIZZAZIONE E COORDINAZIONE

Per capirci meglio, stiamo sul pratico: se oggi mi mettessi alla panca piana e cominciassi a fare qualche ripetizione con un pò di peso, succederebbe che andrei qusi subito in difficoltà.

Immaginate le fibre muscolari come tanti operai all’opera. La “squadra” che comunemente uso si troverebbe davanti una resistenza maggiore del solito.

Come fare allora per aumentare “la forza in uscita”?

È presto detto: quando si è in difficoltà cosa si fa? Si chiede aiuto.

Ecco che il primo vero cambiamento a livello di forza non è altro che un RECLUTAMENTO DI AIUTO SUPPLEMENTARE DA PARTE DI ALTRE UNITÁ MOTORIE. Più fibre all’opera.

Se prima si lavorava in 1000, adesso si lavora in 2000. Poi in 3000, e così via.

Questo primo adattamento si chiama RECLUTAMENTO SPAZIALE (che detto così sembra un’arma di Mazinga :-)).

Continuando ad allenarmi, il mio sistema nervoso, dopo aver imparato a richiamare più fibre al lavoro, cercherà, allo scopo di migliorare ancor più la forza in uscita, di farle lavorare MEGLIO nell’arco di tempo richiesto.

Ovvero ad aumentare la frequenza di stimolazione.

Immaginate un capocantiere che impone ordini più serrati.

Questo secondo adattamento si chiama RECLUTAMENTO TEMPORALE.

Infine….quando ho un grande coro di voci al lavoro, di cosa mi dovrò preoccupare per ottenere ancora più “potenza” in uscita da parte del coro stesso?

Di sincronizzarle.

Ecco il terzo adattamento a livello neurale: LA SINCRONIZZAZIONE.

Con la sincronizzazione ottengo un picco di forza incredibile in un singolo istante. Pensate ai famosi operai che simultaneamente spingono una lastra d’acciaio per spostarla. Farlo in istanti diversi significherebbe perdere quell’esplosività che si otterrebbe invece con un movimento sincrono.

Queste 3 fasi sono le più interessanti per tutti gli sportivi di endurance.

É questa collaborazione muscoli/sistema nervoso che porta il miglioramento delle doti di forza massimale che l’endurance (come poi tutto lo sport in generale) richiede come base fondamentale.

Parlando di reclutamento e sicronizzazione ci siamo resi conto che ciò che influenza prepotentemente lo sviluppo della forza è un aspetto primariamente COORDINATIVO.

Parlo sia di coordinazione all’interno del muscolo (INTRAMUSCOLARE – come detto, fra le varie fibre), sia fra muscoli differenti (INTERMUSCOLARE).

É il lavoro d’equipe, in fine, che fornisce i migliori risultati.

POCA MASSA…MOLTA FORZA (RELATIVA E SPECIFICA)

Oltre questo, ogni ulteriore richiesta di forza sposterà la bilancia verso un aumento della massa muscolare: ovvero una modificazione che riguarda soltanto il muscolo in sè e, in gran parte, la sua sezione trasversale.

Ebbene non è una cosa che ci interessa direttamente: uno sportivo di endurance non deve preoccuparsi di questo.

Diventare “grossi” non serve al runner e/o al triatleta: più massa ci si deve portare dietro, più energia occorre per muoverla.

Il risultato in questo caso non è interessante. Molto meglio poca massa INDIRIZZATA AL MASSIMO A SCOPO DINAMICO.

Lo sportivo di resistenza ha un altro scopo: migliorare la propria FORZA…RELATIVA, cioè la massima forza in uscita in rapporto al proprio peso, e….SPECIFICA in rapporto al gesto da compiere (lo vedremo fra poco).

Vi riuscite ad immaginare Mo Farah, Kipchoge, Ingebrigtsen, o un qualsiasi altro runner o triatleta élite, a gareggiare con lo stesso tenore pesando 100 kg? Ovviamente NO.

Questo perchè nell’endurance la forza ha una grande importanza solo se è rapportata all’economia del gesto: di nuovo, più massa si porta in giro, più aumenta la spesa per farlo.

Parliamo di discipline di resistenza, di gesti ciclici, quindi il compromesso migliore si ottiene quando ad una massima resa si associa il minimo consumo.

FORZA E GESTO SPECIFICO

Solo perché una persona mostra una forza eccezionale in un esercizio in palestra, non significa che essa sia forte in un’altro o in una diversa abilità.

La forza è sempre specifica rispetto al modello di movimento in cui la stiamo esprimendo, ma anche rispetto alla velocità e alla direzione in cui la stiamo sviluppando.

Con questo in mente, è importante che quando si selezionano gli esercizi per migliorarla, essi rechino un certo grado di “specificità”.

Attenzione però: essere specifici non significa semplicemente replicare o imitare l’azione che interessa, ma selezionare lo strumento giusto per il lavoro.

Solo perché un esercizio non assomiglia all’azione “target” (corsa, remata, bracciata o pedalata, per esempio), non significa che sia inutile!

CIO’ CHE IMPORTA É LA RISPOSTA

Immagine presa da massimocavezzali.blogspot.com

Ciò che bisogna guardare non è tanto un esercizio quanto LA RISPOSTA ADATTIVA CHE ESSO PRODUCE.

È importante pensare al tipo di stress che un esercizio impone al corpo e ai risultati che lo stress produrrà.

PRENDIAMO LA CORSA: la maggior parte degli esercizi dovrebbe coinvolgere la parte inferiore del corpo producendo un modello di movimento a “tripla estensione”.

La tripla estensione è un’estensione simultanea delle articolazioni della caviglia, del ginocchio e dell’anca, come nei salti. In fondo la corsa cos’è, se non un susseguirsi armonico di tanti brevi saltelli, uno dopo l’altro?

L’azione esplosiva di queste tre articolazioni, per esempio, non solo sfrutta i forti e potenti muscoli estensori situati nell’arto inferiore, ma anche la loro capacità di trasmettere forza (attraverso l’articolazione dall’anca), al ginocchio, alla caviglia, fino al terreno.

Detto questo, concentrarsi solo su questo tipo di esercizi, lasciandone da parte altri importanti, che isolano in modi diversi certi muscoli principali, sarebbe un grosso errore.

Da questo punto di vista, una pianificazione concreta per il miglioramento globale del gesto di una disciplina dovrà poter contare su una adatta distribuzione degli esercizi e su una loro giusta alternanza in rapporto all’obiettivo.

Compreso questo concetto, per chiudere con la massima chiarezza possibile, dopo aver parlato (inizialmente) dei vari tipi di contrazione muscolare, passiamo a riassumere e classificare i vari tipi di forza che queste contrazioni provocano.

Mettiamo ordine.

I DIVERSI TIPI DI FORZA

Esistono diversi tipi di forza che riflettono il modo in cui essa viene generata dal sistema neuromuscolare. Fortunatamente per noi, queste sono tutte tipologie importanti per l’endurance, molto allenabili e migliorabili con un corretto allenamento.

Forza massima (o assoluta)

La forza massima viene riconosciuta come “la forza per eccellenza”.

È la massima quantità di forza che un individuo può sviluppare attraverso uno specifico modello di movimento, quindi è ottimamente rappresentata, per esempio, dalla quantità di peso che può sollevare in un determinato esercizio.

Saper sollevare due volte il proprio peso è un esempio di ottima forza massimale. Spesso si sente affermare che aumentare la propria forza massima non sia importante.

Ebbene non è fondamentale forse, ma importante lo è di certo. Un suo buon livello è utile a fini prestativi sia nella pratica delle discipline di resistenza, sia in quelle della velocità.

Forza massima relativa

L’ho già accennata in precedenza.

La forza relativa è la massima forza che un gruppo muscolare può sviluppare in rapporto sia alla dimensione dei muscoli che contribuiscono a un movimento, sia alla capacità del sistema nervoso di attivare quante più fibre muscolari possibile.

Quest’ultima, in ambito di forza massima, è la qualità chiave che ci interessa.

Il miglioramento di questa qualità si ottiene, genericamente, eseguendo esercizi di allenamento di resistenza che utilizzano carichi (relativamente) pesanti per un basso numero di ripetizioni.

Tuttavia sappiamo bene che i carichi rimangono fortemente individuali.

Esempio: se non si è mai fatto certi tipi di allenamento, è molto probabile che il miglioramento della forza avvenga rapidamente, semplicemente praticando un esercizio con un carico basso/moderato!

Forza esplosiva

La capacità di generare un alto livello di forza contro il suolo è un fattore determinante per le prestazioni di salto e di corsa. Di conseguenza, diventa capitale ed insostituibile per tutti gli sport che la contemplano.

Tuttavia, durante il passo di corsa, per esempio, si trascorre solo una frazione di secondo a contatto con il terreno, quindi il tempo per generare forza diventa limitato. Ecco perchè produrre forza in modo rapido o esplosivo è una qualità necessaria (e molto allenabile) che tutti i corridori devono sviluppare per migliorare le loro prestazioni.

Questo pensiero ci conduce dritti ad una ultima importantissima classificazione, che finalmente è giunto il momento di approfondire.

Forza elastico-reattiva (Stiffness)

Ed è qui che ci ricolleghiamo direttamente dal paragrafo 2c delle “contrazioni statiche e dinamiche”.

Di tutte e quattro le principali qualità di forza definite qui, la forza reattiva è senza dubbio la più importante per il runner.

Grazie alla biologia stessa delle cellule muscolari, così duttili e malleabili, e ai tendini che legano i muscoli alle ossa, abbiamo una componente elastica che costituisce anch’essa un’area in grado di sviluppare forza, addirittura senza fatica: sfruttando un semplice riflesso.

Pensate ad un elastico: se prima di contrarsi muscoli e tendini vengono allungati, immagazzinano energia che, nella successiva fase di contrazione, viene restituita, andando a sommarsi alla forza contrattile.

Invece di fare affidamento solo sui muscoli per produrre forza, in questo modo il corpo utilizza questi “tessuti passivi”, incredibilmente efficienti se sfruttati a dovere.

Più o meno allo stesso modo di una molla, è possibile migliorare le qualità di forza esplosiva e reattiva del corpo (esoticamente denominata “Stiffness”) con una tecnica di allenamento chiamata pliometria.

PLIOMETRIE, AMICHE/NEMICHE

Gli esercizi pliometrici, indirizzati a dovere, insegnano alle gambe a rimbalzare più efficacemente, a reclutare più fibre nello stesso momento e, portati nella visione della corsa di endurance e gestiti nel dovuto modo, a risparmiare energia muscolare, o quanto meno, a consumarla ad un ritmo più lento nel corso della gara.

Attenzione però: proprio perchè nelle pliometrie si stimolano risposte veloci ed imponenti è assolutamente necessario procedere con carichi graduali e mirati per ognuno, in base alle possibilità……perchè da fedeli amiche, con una gestione sconsiderata, possono diventare delle feroci nemiche e provocare disagi ed infortuni più o meno importanti.

Non ci si inventa nulla insomma. Tanto meno se si ha già una certa età e non si è abituati alla dinamica di alcuni movimenti!

A COSA SERVE ALLENARE LA FORZA

Al termine di questi discorsi appare chiaro a cosa sostanzialmente deve servire la cura della forza per un runner o un triatleta.

  1. PRESTAZIONE: con l’adattamento del reclutamento nervoso migliorerà la capacità di generare forza ad ogni movimento specifico (falcata, bracciata o pedalata).
  2. EFFICIENZA: la ripetizione del gesto porterà ad una migliore coordinazione, ad una attivazione più selettiva delle fibre necessarie e ad un conseguente miglioramento della resa, con una minore spesa energetica.
  3. CAPACITÁ DI ALLENAMENTO: maggior tolleranza a carichi di allenamento (progressivamente) più elevati per un più lungo periodo di tempo.
  4. PREVENZIONE: migliore tolleranza allo stress ripetuto e riduzione del rischio di infortunio. Bisogna assolutamente sottolineare che questa riduzione comporta inoltre (indirettamente) un miglioramento delle prestazioni, in quanto si guadagna in continuità.

Quindi abbiamo, in sostanza, un cerchio che si completa e si chiude.

CONCLUDENDO

Dunque…“essere forti” non è importante, è FONDAMENTALE.

In generale garantisce una base su cui costruire le proprie abilità ed adagiare i propri talenti: saltare, correre, lanciare, rotolare, arrampicarsi, nuotare, dirigere, sollevare e via discorrendo.

Quindi se volete praticare al meglio uno sport, preoccupatevi anche di allenare tutte le qualità che stanno alla sua base.

E la forza, anche nella sua accezione più semplice e meno definita, statene certi, ne comprende una parte rilevante.

Non mi rimane che chiudere così:

Spero come sempre di essere stato utile. A presto.

D.

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