CORSA IN SALITA E IN DISCESA: PRINCIPALI DIFFERENZE

Tutto ciò che circonda i dislivelli altimetrici, il miglior modo di affrontarli e cosa comporta fisiologicamente il farlo, sono interrogativi e curiosità a cui la maggior parte degli sportivi agonisti si affaccia prima o poi nell’arco della carriera.

Innanzitutto: corsa in salita e in discesa fanno richieste diverse agli arti inferiori.

SPESA ENERGETICA

IN TERMINI DI SPESA ENERGETICA appare chiaro che lo “scalare” un dislivello presenta costi più alti rispetto al contrario.

Una cosa però che in pochi sanno è che questo è valido sino ad una inclinazione generica di circa il 18/20%: da quel grado in poi anche la discesa comincia ad avere un costo energetico significativo.

Se poi parliamo di atleti poco esperti, anche inclinazioni inferiori (basta un 12/14%) possono comportare spese importanti a causa della scarsa abitudine motoria (che si realizza in una scarsa coordinazione nell’affrontare il  gesto e un impegno muscolare più evidente) ad affrontarle: MAI perdere di vista questo dato.

IMPATTO AL SUOLO

IN TERMINE DI IMPATTO AL SUOLO abbiamo ovviamente una netta predominanza della corsa in discesa, dove il peso del corpo, aiutato della gravità, aumenta (non di poco) le forze di collisione e i sovraccarichi sui vari distretti articolari.

In salita accade invece il contrario: si va CONTRO la forza di gravità, quindi l’impatto al suolo è certamente più “soffice”, anche rispetto alla corsa in piano.

Rispetto ad essa però aumentano i tempi di contatto al suolo (aspetto che, come vedremo più avanti, condiziona l’impegno muscolare).

CONSEGUENZE SULLE PRINCIPALI ARTICOLAZIONI

PARTIAMO DAL PIEDE E DALLA CAVIGLIA.

In salita si attiva un discreto stress sulla fascia plantare ed un buon lavoro di tutti i muscoli flessori plantari (polpacci in generale, tibiali posteriori, peronei, flessore dell’alluce, etc).

Attenzione: sarebbe errato interpretare questa fonte di stress come sbagliata o pericolosa. Nessuno stress è pericoloso se mantenuto nei limiti di gestione individuale.

LA CAVIGLIA lavora in generazione di energia meccanica durante la flessione plantare.

In discesa il lavoro meccanico passa da passivo – di supporto e attenuazione del peso in appoggio – a blandamente attivo, durante il movimento di stacco, aiutato dalla spinta “gratuita” imposta dalla gravità, che si aggiunge a quella meccanico/elastica del reparto tendineo.

IL GINOCCHIO è il principale fulcro di assorbimento degli impatti della corsa in generale.

In discesa lo è ancora di più. Un ginocchio poco flesso e un atteggiamento timoroso durante la discesa può causare grossi problemi di stress a livello patello/femorale (compressione ad altezza rotula per intenderci), mentre in salita rimane l’articolazione guida del lavoro a carico dei quadricipiti.

L’ANCA è molto stimolata in salita: cresce l’attività sia dei suoi muscoli flessori in fase di swing (cioè di richiamo del ginocchio in avanti) sia degli estensori (ischiocrurali e glutei in primis), che rimangono i principali propulsori (insieme ai quadricipiti), in questo caso.

In discesa anche l’anca funziona da modulo di assorbimento/dispersione delle forze di frenata…Forze che, se non ben dissipate con un buon uso degli arti inferiori, possono arrivare a sentirsi fino alla punta dei capelli!

Uno dei modi più semplici per mitigare i carichi in discesa è inclinarsi leggermente in avanti e aumentare lievemente la cadenza di corsa (vedi studi di Chu & Caldwell – 2004).

COME MIGLIORARE

Per migliorare in discesa, come in salita, sembrerà una affermazione stupida e banale, ma è necessario…CORRERE ED ALLENARSI QUANTO PIÙ POSSIBILE IN ENTRAMBE LE SITUAZIONI.

Andiamo sul pratico: è più raro sentire persone preoccuparsi troppo delle discese, se non per esporre qualche tipo di dolore da esse procurato (spesso tramite diagnosi del tutto personali).

Il cruccio della maggior parte degli atleti sembra essere invece come poter ottimizzare le salite, ma, di solito, chi si preoccupa di questo è perchè di salite ne fa poche (diciamoci la verità, coraggio).

Un amico, grande scalatore, una volta mi disse “non sentirai mai un alpino lamentarsi di una salita, anche davanti a quelle più impervie. Chi si lamenta dei dislivelli è perchè non ne fa”.

In effetti, la quotidianità con una particolare situazione è ciò che la esorcizza, la rende normale. Ecco perchè non esiste banalità nell’affermare che “per migliorare un gesto la cosa migliore è sempre ripeterlo il più possibile“.

Partiamo da questo quindi, ma vediamo anche modi alternativi per aiutare i miglioramenti sui dislivelli.

DISCESE E BOX PLIOMETRICI

Per le discese l’uso delle pliometrie rimane uno dei lavori migliori da sfruttare (Es: salti da box pliometrici).

Sapere gestire BENE questi esercizi è un altro paio di maniche: se non distribuiti con le giuste dosi e al momento giusto (non potete mettervi a saltare da un box di punto in bianco senza averlo mai fatto prima e senza una minima idea di ciò che state facendo) potrebbero causare più problemi che altro.

Quindi attenzione.

Chi non è esperto nella propria autovalutazione, relativa programmazione e gestione dei carichi, è bene che si rivolga ad un professionista che lo sappia fare con cognizione di causa.

E, in ogni caso, prima di saltare da 40 o 50 cm di altezza cominciamo a saltare la corda. Spesso basta questo ad un comune amatore per migliorare e creare le basi necessarie per affrontare tipologie di lavori più importanti e “coinvolgenti” per tendini ed articolazioni.

SALITE E CATENA POSTERIORE FORTE

Una buona via per prepararsi in modo alternativo alle salite è quello di allenare la tensione muscolare locale con esercizi statico/dinamici.

Mi spiego: come affermato ad inizio post, i tempi di contatto al suolo in salita sono nettamente più lunghi rispetto alla corsa in piano.

Questo accresce i tempi di contrazione muscolare. Il muscolo lavora con meno pause e un ridotto afflusso di sangue alle fibre impegnate.

PERCHÉ ?

Contraete un muscolo qualsiasi per qualche secondo. É abbastanza facile pensare a ciò che succede in quel momento: le fibre muscolari “strozzano” i capillari che le nutrono. Il sangue circola meno e così anche i metaboliti in esso contenuto (lattato e suoi sottoprodotti acidi).

Questo processo, in salita, è molto più breve (il tempo di contatto al suolo) ma è continuo e, alla lunga, estenuante: ecco perchè “scalare” produce un affaticamento importante, soprattuto a chi non è abituato.

DOVE SI FOCALIZZA MAGGIORMENTE QUESTO AFFATICAMENTO ?

Ovviamente nei gruppi muscolari più impegnati.

Quadricipiti, certo. Ma soprattutto, a causa dell’inclinazione e della relativa posizione che il corpo assume per affrontarla, a carico della catena posteriore: i gruppi muscolari degli ischiocrurali, dei glutei e dei lombari.

Perchè questi muscoli?

Come detto, questo gruppo di muscoli si occupa di una grossa fetta propulsiva nella corsa in salita ed è responsabile di un aspetto fondamentale: l’estensione dell’anca.

Una ricerca di Roberts & Belliveau del 2005 (“Sources of mechanical power for uphill running in humans”. J Exp Biol. 2005 May;208(Pt 10):1963-70) ha dimostrato che questi muscoli in salita hanno una maggiorazione di lavoro rispetto alla corsa in piano che può arrivare fino al 40%.

Ecco perchè oltre a rinforzare i quadricipiti, responsabili della prima parte della spinta al terreno, è bene sapere che una catena posteriore ed ischiocrurali forti aiutano ad avere una buona fase di propulsione/estensione (sempre fondamentale nella corsa).

Migliorare la resistenza muscolare locale inoltre preserva dagli infortuni più comuni (contratture e distrazioni in generale) che il fondo collinare, nella sua accezione più generale, ma anche la corsa tutta, può comunemente procurare.

Ricordate però…non mi stancherò mai di dirlo….ogni cosa diventa utile se affrontata con senno e GRADUALITÁ.

QUALI SONO GLI ESERCIZI MIGLIORI PER ISCHIOCRURALI E CATENA POSTERIORE IN GENERALE?

Innanzitutto non bisogna perdere di vista che il concetto di forza di un muscolo è anche direttamente legato alla sua capacità escursiva, al suo “miglior allungamento” (o allungamento ideale in rapporto alla performance richiesta). Ecco perchè è meglio guardare a routine di esercizi che non dimentichino questa fondamentale fetta di training.

Qualche isometria per la catena posteriore (plank inverso con appoggio a due gambe – e ad una – per esempio) accompagnata con esercizi che sfruttino l’alternanza di contrazione concentrica/eccentrica di questi gruppi in maniera controllata:

Nordic Hamstring il migliore in rapporto all’obiettivo salite/corsa, ma anche tutti vari tipi di Deadlift (anche e soprattutto nella versione a gamba singola con o senza peso), il Supine bridge nelle sue varie interpretazioni.

– il Leg curl classico alla macchina (anche se non lo amo particolarmente) o, meglio, le sue interpretazioni a corpo libero a terra, con la fit-ball, il TRX o tramite panca lombari in Hyperextension.

Ho inserito un pò di link con video per ogni singola voce, in questo modo ci capiamo.

Ci sarebbe certamente altro. Ma sono per dare pochi consigli mirati piuttosto che infarcire il post di mille esercizi.

A questo pro vi rimando a QUESTO ALTRO POST, con video annesso, per tutto ciò che può essere utile per la catena posteriore, stretching e foam rolling compreso.

Per domande ed ulteriori info tecniche rimango come sempre a disposizione nei commenti o, per qualcosa di più approfondito, alla mia mail diretta: danielelucchicoaching@gmail.com.

Sperando di essere stato utile.

Alla prox.

D.

Potrebbero interessarti anche...

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *