PROPENSIONE ALLA FATICA? NO, GRAZIE.
È ora di fare qualche circuito di rinforzo che non sia corsa. Oddio.
“Il più è trovare il tempo”, frase classica tesa a nascondere una verità più infima: “Non ne ho voglia”.
Questa è soltanto una delle possibili situazioni in cui ci si trova ad affrontare qualcosa di potenzialmente faticoso o noioso, che non vorremmo fare o non ci siamo abituati.
Tradotto: quando ci dobbiamo sbattere.
Ebbene, tranquilli. É normalissimo non averne voglia. Vediamo che aspetti si nascondono dietro a questa affermazione.

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PROPENSIONE ALLA FATICA? NON SCHERZIAMO
Se pensate che ci siamo evoluti con una precisa propensione verso la fatica, beh, non è proprio così.
Ragioniamo: l’uomo, come ogni animale, batterio o virus, cerca da sempre la massima resa con il minimo sforzo (ricordate questa frase, tornerà anche più avanti). Quando si ha una quantità limitata di energia, bisogna trovare il giusto compromesso per usarla all’interno delle proprie funzioni.
E se parliamo di funzioni, al primo posto c’è la sopravvivenza, con tutti i suoi annessi. Al secondo il mantenimento della specie (riproduzione). Poi, staccate di svariate lunghezze, tutte le altre.
Rimaniamo attualicon un esempio scomodo: perchè esistono così tante varianti del Covid? Non è forse perchè quel virus sta cercando un modo per sopravvivere con la massima resa, adattandosi alle varie situazioni che trova?
Badate: non siamo tanto differenti. Ci siamo evoluti nel corso di migliaia di anni proprio con lo stesso fine.
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LA LEGGE DELLA RICOMPENSA

Da questa filosofia alla pratica quotidiana: le funzioni non direttamente utili agli esiti di sopravvivenza e riproduzione vengono da sempre lette dal nostro corpo in modo molto concreto: spesa energetica potenzialmente inutile. Questa lettura attiva percorsi organici e cerebrali molto particolari. I secondi in specifico legati alla dopamina, di cui parlerò in un post a parte. La dopamina è, niente più niente meno, che ciò che governa la nostra vita da milioni di anni.
Seguitemi:
in questo senso, per esempio, cominciare a fare esercizio a cui non si è abituati (per dirne una) è un pò come imparare la matematica. Serve dedizione, perchè non c’è ricompensa nell’immediato, ma la si procrastina.
Prima imparo le regole per eseguire un’equazione, poi la risolvo. E in quel momento arriva la mia piccola soddisfazione.
Quindi mi sollevo sui polpacci perchè li rinforzo, ma fino a che non mi sento meglio quando corro e noto che gli infortuni scompaiono, non posso percepire la bontà di ciò che faccio.
La ricompensa non si vede subito. E questo processo di ricompensa ritardata, nella società attuale è sempre meno presente e, soprattutto, sempre meno aiutato.
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LA RICERCA DELLA GRATIFICAZIONE IMMEDIATA

Vi siete mai chiesti perchè preferiamo vedere un video piuttosto che leggere un articolo di giornale? E perchè ci soffermiamo su una immagine esemplificativa piuttosto che davanti a 10 minuti di spiegazione?
PERCHÉ la gratificazione è più immediata e otteniamo la massima resa con il minimo sforzo (ecco la frase iniziale che ritorna). SI FA MENO FATICA: è una naturale propensione del corpo ad ottimizzare le energie psicofisiche, una ragione biochimica, un costrutto ereditario.
Quindi dire che siamo nati per faticare è un pò forzare i pilastri della nostra specie. Direi più che altro che siamo nati per sopravvivere e riprodurci attraverso il massimo risparmio energetico possibile.
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LE DIFFERENZE COL PASSATO

Abbiamo mai sentito i nostri nonni o bisnonni lamentarsi per qualche tipo di situazione faticosa? No. Al massimo ce li ricordiamo proprio per il contrario. Anche studiare, leggere un libro o un giornale erano passatempi culturali molto diffusi tempo fa (adesso molto meno). E, sottolineo, erano passatempi, distrazioni: la vita reale di tutti i giorni era ben più dura.
Perchè 80 anni fa quasi nessuno faceva esercizio?
Semplice: il lavoro quotidiano imponeva regimi fisicamente attivi. E la gente non sentiva alcun bisogno di muoversi ulteriormente. Alzare pesi senza motivo? Correre 10 km? A quale scopo? Energia buttata in quel caso.
Il processo di autoconservazione energetica è sempre esistito e si è evoluto con la nostra società. Purtroppo questo concetto, accompagnato dal nostro progresso, ha creato un evidente paradosso.
Perchè è vero che a livello biochimico, nel nostro DNA, la propensione al riparmio energetico è innata, ma è anche vero che certe funzioni essenziali devono rimanere attive allo scopo di mantenere vitale il nostro sistema nervoso: camminare, correre, arrampicarsi, rotolare, giocare, etc etc. Sistemi di “ricompensa cerebrale” che abbiamo stampati a fuoco nella nostra genetica di specie.
Tutte cose di cui ci siamo gradatamente privati proprio grazie al progresso, seguendo la trasformazione della collettività in questo ultimo cinquantennio.
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CONCLUDENDO

Quindi torniamo semplici: se non abbiamo voglia di fare esercizi di forza oltre la semplice corsa, o leggere invece di guardare video o perdere tempo in sforzi mentali o fisici anzichè stare allegramente sdraiati a fissare il soffitto, etc etc etc… è tutto normale. Si tratta di un naturale processo biochimico, scritto sui nostri geni, che ci porta, fra le altre cose, al massimo risparmio energetico.
Però occhio. Perchè ciò che siamo si deve confrontare sempre con ciò che ci circonda, al fine di trovare un equilibrio. E qui entra in campo la nostra capacità critica (ed autocritica).
E se viviamo in una società narcotizzante (passatemi il termine) dove l’immobilismo e la pigrizia sono gli stati più naturali da raggiungere per tutti (e c’è chi sta sfruttando ad arte queste propensioni), beh, allora abbiamo un problema di cui è necessario rendersi conto.
Dare ascolto a queste istintive propensioni, a parte le problematiche singole che può creare, porta un grande rischio collettivo per il futuro: quello di evolverci, nel corso delle prossime centinaia di anni, in una società totalmente IMMOBILE (in vari sensi) e IGNORANTE, sovrastata dagli eventi.
Mi fermo qui. Se siete interessati ad approfondire questi argomenti esistono varie pubblicazioni interessanti sia in lingua italiana, sia in inglese. Da patriota consiglio i libri di Pietro Trabucchi (vedi fondo post), che cito anche nel mio RUN – CORSA E PERFORMANCE.
Spero di avervi messo più di una pulce nell’orecchio e confido, più che altro, di aver suscitato qualche pensiero critico.
Per commenti e quant’altro ci si sente su Telegram!
Alla prossima,
D.
Se non ti sei ancora unito al mio canale Telegram…sappi “che è lì che accadono le cose” 😉 !
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