PERFORMANCE E RUOLO DEL CERVELLO: LA tDCS E LE NUOVE FRONTIERE DELLA SCIENZA SPORTIVA

Il ruolo del cervello e del sistema nervoso nella performance fisica è riconosciuto da tanti anni. In sostanza, come anche più volte illustrato all’interno di questo stesso blog e in diversi punti del mio primo libro del progetto RUN – Corsa e Performance, l’attività muscolare, lo stato di fitness, la possibilità di fronteggiare la fatica e l’opportunità di riuscire in una determinata performance, sono fortemente dipendenti dall’azione del nostro encefalo e di quel sistema complesso di afferenze e reafferenze che operano in ambito nervoso.

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WALTER BRADFORD CANNON E LA RISPOSTA ACUTA DA STRESS

Walter Cannon – Fonte: wikipedia

Fin dai primi del 1900 la fisiologia ha più volte dimostrato come l’attivazione di alcune aeree cerebrali possa essere in grado di sbloccare le potenzialità latenti di ogni essere umano.

Il primo a parlarne fu lo scienziato Walter Bradford Cannon nel 1914 sull’American Journal of Phisiology.

Ciò che viene trattata è la cosiddetta risposta acuta da stress o meccanismo di “attacco e fuga”, uno dei congegni biologici di sopravvivenza più importanti per il genere umano ed animale, che ha permesso alle varie specie di sopravvivere ed evolversi dall’alba dei tempi sino ad oggi.

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COSA É IL MECCANISMO DI “ATTACCO E FUGA

“Il meccanismo di attacco e fuga è la reazione fisiologica che si manifesta in risposta a un evento percepito come pericoloso per la propria incolumità o quella dei propri cari”.

Walter Cannon, “Wisdom of the Body“, 1932

Questa semplice quanto istintiva risposta biochimica può apparire in tanti modi nella natura che ci circonda: dal semplice morso del cane quando minacciato, fino a quelle storie a prima vista incredibili in cui persone normali salvano sé stesse o altri esseri umani in pericolo di vita, compiendo sforzi apparentemente straordinari.

Le possibilità di manifestazione di questo meccanismo, come illustrato, sono molteplici.

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LA CAPACITÁ DI SPRIGIONARE IL PROPRIO POTENZIALE DI FORZA É DIPENDENTE DAL CERVELLO E DAL SISTEMA NERVOSO

Valdimir Zatsiorsky – Fonte: Amazon.it

Lo scienziato Valdimir Zatsiorsky, nei suoi studi in proposito (vedi riferimento al suo libro in fondo al post), ha stimato che le prestazioni fisiche umane arriverebbero a scatenare, in condizioni normali, un potenziale molto inferiore alle reali possibilità di cui si disporrebbe: si parla di circa un 60/65% del totale.

Questo starebbe a significare che una persona qualsiasi, per esempio in palestra, pur arrivando al proprio massimale in un esercizio coi pesi, starebbe usando una percentuale pari a circa i due terzi di ciò di cui potrebbe disporre se i suoi limiti fossero, per così dire, sbloccati.

Ciò che frena questo meccanismo sarebbe proprio il cervello e il fitto impianto neuronale ad esso collegato. Questo perché permettere ad un muscolo di contrarsi a pieno potenziale, impegnando cioè una percentuale di fibre vicina al 100%, causerebbe certamente dei danni a tendini, legamenti, ossa ed articolazioni in generale.

L’allenamento è certamente il modo più consono per portare il corpo ad uno “stato superiore”. Ma è lecito chiedersi se sarebbe possibile andare oltre e come sarebbe possibile farlo.

Questo aspetto interessa certamente gli sportivi d’élite (e non solo in verità), ma si tratterebbe sostanzialmente di riuscire a trarre in inganno uno dei meccanismi biologici più rodati del genere umano.

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LA MODALITÁ COMPETITIVA DELLO SPORTIVO

La “modalità competitiva” dello sportivo (gara, avversari, pubblico che incita, etc) rappresenta una delle condizioni che più si avvicina agli effetti biochimici procurati da una situazione di pericolo…senza che il pericolo esista realmente.

Zatsiorsky afferma che durante una competizione percepita come fondamentale (per esempio una olimpiade o un mondiale), un atleta potrebbe essere in grado, in alcuni casi, di portare fino addirittura al 92% il potenziale espressivo a livello neuromuscolare.

Una cifra mostruosa considerando quella da lui definita come normalmente possibile: quasi un terzo in più.

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L’OMBRA DEL DOPING: IL SOTTILE CONFINE FRA LECITO ED ILLECITO

Siccome uno dei maggiori pregi (e peggiori difetti) degli esseri umani è quello di non accontentarsi mai, è normale che, da sempre, l’attenzione della scienza (anche sportiva) abbia focalizzato le sue energie sul come “andare oltre”, cioè, come detto, portare la performance atletica al proprio limite psico-fisico.

Attenzione, perchè da adesso in poi il limite fra correttezza intellettuale e immoralità è estremamente labile e ciò che potrebbe apparire limpido potrebbe anche non esserlo più se osservato da angolazioni differenti.

Si tratterebbe sostanzialmente di andare a pescare fra le “riserve ignote” di un essere umano. Ambito in cui la parola DOPING trova campi applicabili.

Tralasciando tutto ciò che è stato fatto (e ancora si sta facendo) in ambito di ricerca sugli ormoni e sulle sostanze che possono alterare lo stato fisiologico di un atleta, rimandendo all’interno del tema di questo post, parliamo di ciò che è possibile fare quando il soggetto è il nostro cervello.

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GLI STUDI LEGATI ALLA STIMOLAZIONE TRANSCRANICA A CORRENTE DIRETTA CONTINUA (tDCS)

Lo studio del cervello umano rimane una delle frontiere più affascinanti dell’intero ambiente scientifico, qualcosa in costante progressione grazie a nuove tecniche di stimolazione e modulazione cerebrale.

Dietro agli importanti obiettivi legati alla prevenzione e alla riabilitazione di deficit organici e funzionali (processi degenerativi, ictus, disordini neuropsicologici) si nasconde anche una grande curiosità legata alla possibilità di applicazione di certe tecniche in ambito sportivo.

La tDCS (stimolazione transcranica a corrente diretta continua) rappresenta una nuova risorsa in vari campi poichè, almeno attualmente, sembra totalmente priva di effetti collaterali.

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COSA É LA tDCS

Esempio di tDCS – Fonte: Medical Expo

La tDCS è una nuova tecnica di stimolazione elettrica di diverse parti del cervello.

É un modo del tutto indolore di modulare l’attività neuronale di una determinata parte del cervello tramite l’applicazione di elettrodi specifici (spesso posizionati tramite una semplice cuffia) in grado di sprigionare una debole corrente elettrica continua di intensità non percepibile dall’utilizzatore.

Questo utilizzo provoca l’aumento o la diminuzione della funzionalità dell’area stimolata (producendo effetti a livello cognitivo, comportamentale e motorio) per un tempo che permane oltre la durata della stimolazione (il “quanto” è piuttosto soggettivo, si parla comunque di diverse decine di minuti).

“Parkinson, demenza di Alzheimer, Sclerosi Multipla, dolore cronico, dipendenze, riabilitazione post-ictus, traumi, depressione, ansia…..Se la stimolazione viene ripetuta più volte é possibile rendere le modificazioni più stabili e durature (Bolognini et al. 2009)”.

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LA RICERCA DI CODELLA E COLLEGHI

Fig. 1 dello studio di Codella et al.

La tDCS è un prodotto dello studio scientifico italiano. Nato in Italia. Ed è proprio in Italia che si stanno studiando le sue possibili applicazioni in modo più efficace.

Da pochi giorni (settembre 2020) è uscito sull’International Journal of Sports Medicine uno studio, effettuato presso il dipartimento di Endocrinologia, Nutrizione e Disturbi metabolici dell’Università di Milano condotto dal gruppo di ricerca del Dott. Roberto Codella, sull’effetto della tDCS sulla performance.

17 maschi adulti dai 31 ai 37 anni, in buona forma fisica (appurata attraverso regolare visita medico sportiva) sono stati presi e fatti confrontare con 3 tipologie di test fisici:

  • Salto verticale
  • Sit & Reach (classico test da seduti di allungamento della catena posteriore)
  • Test di Bruce (un test del VO2max su tapis roulant)

Tutto questo con e senza stimolazione da tDCS. I risultati sono stati quanto meno interessanti:

  • Potenza degli arti inferiori aumentata del 5% nel test del salto
  • Guadagno di ampiezza nel movimento di sit&reach aumentato del 9%
  • Capacità di corsa di resistenza migliorata del 12% rispetto alla condizione di base

Tutto questo a parità di sforzo percepito. Addirittura, nel test di endurance, l’RPE (sforzo) è apparso inferiore nell’intervallo di tempo.

NOTA BENE: invito chiunque sia interessato a richiedere lo studio direttamente agli autori (cliccate QUI e poi su “Request Full-text PDF” nella pagina che si aprirà) per rendersi conto in modo diretto di ciò che ho qui presentato e di cui ho volutamente tralasciato dettagli (siate curiosi, informatevi!).

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CONCLUDENDO

Ammesso che stiamo sempre parlando di un singolo studio e che ulteriori investimenti di energie in questo campo potrebbero allargare le conoscenze in modo molto più concreto per una più vasta platea atletica…questi risultati parlano abbastanza chiaro.

Una stimolazione transcranica di alcuni minuti potrebbe rappresentare una grande risorsa per migliorare la prestazione.

Che si sia realmente trovato un modo per attivare il potenziale neuromuscolare nascosto in ognuno di noi?!

A questo punto credo sia necessario per chiunque chiedersi fino a a che punto sarà possibile spingersi prima che i risultati di queste ricerche (ammesso che ne venga confermato l’enorme potenziale) possano essere usati al di fuori di una legittima morale. Dopotutto…abbiamo in noi l’incredibile potere di saper rendere spregevoli cose potenzialmente meravigliose.

Non voglio andare oltre. A chi legge ogni successiva considerazione.

Spero di avervi interessati.

Alla prox,

D.

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Riferimenti scientifici:

Walter Bradford Cannon (1915). “Bodily changes in pain, hunger, fear, and rage“. New York: Appleton-Century-Crofts. p. 211

Libro di Valdimir Zatsiorsky “Scienza e pratica dell’allenamento della Forza“ (Calzetti e Mariucci Editore, 2009)

Studio di Codella R, Alongi R, Filipas L, Luzi L. “Ergogenic Effects of Bihemispheric Transcranial Direct Current Stimulation on Fitness: a Randomized Cross-over Trial”. Int J Sports Med. 2020 Aug 11. doi: 10.1055/a-1198-8525. Epub ahead of print. PMID: 32781476. https://pubmed.ncbi.nlm.nih.gov/32781476/ – e relativi studi presi a riferimento

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