IL PROBLEMA DEI SOCIAL MEDIA
Mi permetto di esulare dai soliti temi prettamente sportivi per analizzare una situazione che ci riguarda tutti. Essendo una situazione sociale riguarda di rimbalzo anche lo sport e vari altri ambiti.
Spero abbiate la cortesia e la volontà di leggere fino in fondo.

I social media possono essere un ottimo strumento per tenersi in contatto con le persone, fare amicizie, informare ed essere d’aiuto divulgando notizie, articoli, video che possono aprire ad una visuale più ampia. Possono in questo modo essere consultati al bisogno, in momenti particolari della giornata, per rifinire la propria socialità e la propria cultura personale.
Questo nei sogni.
Poi tutto questo viene triturato dalla realtà. I social sono attualmente LA (vera) VITA di buona parte delle persone: molta gente è più lì che altrove.
LE DUE SPONDE DEL FIUME DIGITALE
Scrivo questo post ben conscio delle generazioni di bambini, ragazzi e giovani uomini per le quali questa situazione è del tutto normale e mi piange il cuore pensando invece alla generazione dei genitori di questi adolescenti (e poco più), che invece ne è stata travolta e ha creato, letteralmente abusandone, le basi per chi è venuto dopo (leggasi: “la colpa non è dei ragazzini impelagati in questa fiction digitale, è dei genitori che permettono – e ne permettono – un abuso“).
Tuttavia esistono sempre due sponde che creano un fiume. Quindi, in questo preciso caso, non possiamo vedere colpe solo da parte di chi ne usufruisce, bensì è necessario analizzare (anche e soprattutto) quelle di chi governa questi colossi.
Gli algoritmi creati da questa allegra combriccola stanno influendo sulle capacità intellettive dei nostri giovani e di gran parte del popolo adulto, entrambi spesso NON IN GRADO DI DIFENDERSI da questi attacchi mirati (passatemi il termine da guerriglia).
Ebbene, senza fare ulteriori polemiche, propongo a tutte le persone ancora in grado di usare la propria corteccia frontale di ragionare su una serie di cose. Partiamo dai dati.
I DATI DELLA SCIENZA
Prendo spunto da un vecchio articolo di Focus per sottolineare che chi ha un account sui principali social può avere problemi di:
- DIPENDENZA: più del 15% degli utenti online è incapace di controllare il tempo trascorso sui social. Sono state effettuate scansioni cerebrali e sono stati trovati danni nelle stesse aree colpite nel cervello di chi fa abuso di droghe. Si è notata una degradazione della sostanza bianca nelle regioni che controllano le emozioni, l’attenzione, i processi decisionali e le percezioni. La ragione è da ricercare nell’appagamento immediato, senza alcuno sforzo, offerto dai social media, che fa sì che il cervello sviluppi dipendenza dagli stimoli da essi offerti.
- SCARSA CONCENTRAZIONE: chi trascorre molto tempo sui social diviene meno abile nel passare da un compito all’altro, più facilmente distraibile e meno efficiente nell’immagazzinare le informazioni nella memoria.
- GESTIONE DELLA DOPAMINA. Studi in RM hanno dimostrato che i centri della ricompensa nel cervello sono più attivi quando, in una conversazione, stiamo parlando di noi, piuttosto che quando ci è chiesto di ascoltare. Ma se nelle chiacchierate faccia a faccia parliamo di noi stessi nel 30-40% delle volte, su Facebook o instagram è autocentrato almeno l’80% dei post. Quando scriviamo di noi nel nostro cervello si libera dopamina. Ne parlo anche nel mio libro: dopamina = piacere. Il suo rilascio può coinvolgere diverse attività giornaliere, tra cui anche la corsa e lo sport. É in assoluto la molecola che più manipola la nostra vita: crea desiderio, alimenta l’immaginazione, e guida la pianificazione del nostro futuro.
PLACIDA ED INERME ACCETTAZIONE
Il problema è che questi deficit sono oggi talmente frequenti che sono stati praticamente accettati dalla società.
“Sei sempre su quei social” è un intercalare (nulla più!) che ogni tanto si ode pronunciare, testimonianza di un istinto di autoconservazione che ancora qualcuno dimostra. Viceversa è impossibile riconoscere un problema e farlo notare in questa situazione: nessuno ti dirà mai “togliti le dita dal naso” se si vive in un mondo in cui tutti le hanno.
Questa è fisiologia sociale, signori. Problemi reali.
Fate conversare un ragazzino di 14 anni del 1960 con un ragazzino della stessa età del 2021 e scoprirete che parlano lingue grammaticalmente diverse. Il primo potrebbe quasi insegnare italiano al secondo.
Per non parlare dei deficit fisici. Il ritardo coordinativo medio ad oggi di un qualsiasi adolescente è di almeno 5/6 anni rispetto ad un pari età di 30 anni fa. E la situazione è in peggioramento (lo scrivo anche su RUN)! Figuriamoci se il confronto è con un periodo in cui si correva e saltava tutto il giorno perchè non c’era nient’altro.
MA CHISSENEFREGA
Se a questo punto, anche dopo quanto affermato, volessimo bypassare tutti questi bei concetti, magari perchè non ce ne frega un accidenti dell’evoluzione della società in questi termini, non dimentichiamo che c’è altro: questa situazione può essere astutamente usata contro ognuno di noi.
Non so se vi siete accorti che un qualsiasi post che scrivete sui social arriva (quando va molto bene) a non più di un terzo dei vostri amici. Tutto normale.
Prendete questa situazione e infilatela all’interno di un contesto commerciale. Una qualsiasi azienda, pur avendo un pubblico consolidato di “tot migliaia di persone” che hanno scelto di loro volontà di seguire le notizie e gli aggiornamenti di quella stessa azienda, non potrà usufruirne completamente se non pagando ogni volta per ogni singola comunicazione che desidera venga recapitata (non ho scritto letta, nota bene).
Ricapitoliamo: noi non riceviamo più notizie da qualcuno da cui magari vorremmo riceverle e quel qualcuno, se desidera raggiungerci, deve pagare ogni santa volta, quanto meno per mantenere i suoi contatti. Quel qualcuno siamo (anche) noi. Il cane che si morde la coda.
Come mai?!
L’ALGORITMO SENZIENTE
I social media, tramite algoritmi sempre più mirati, prendono decisioni al posto di chi ne usufruisce.
Inizialmente non era così. Le cose si sviluppavano diversamente: facebook ed instagram avevano gestioni ed algoritmi differenti. Ma è la crescita che in questo mondo governa le scelte: crescita commerciale soprattutto. Così arrivarono gli ingegneri dietro al progetto YOUTUBE e riuscirono a sviluppare una particolare tipologia di ricetta-software in grado di reagire in modo sensibile a ciò che le persone facevano online.
Non è il riassunto di Terminator, è la verità.
COME AGISCE L’ALGORITMO
Questo algoritmo che reagisce ai gusti e alle preferenze della gente è una vera e propria intelligenza artificiale chiamata DEEP LEARNING.
Lo scopo di questo software è far passare più tempo possibile alle persone sui social attraverso contenuti che soddisfino i loro interessi e le loro richieste istantanee. Aumentando i tempi di permanenza, è possibile mostrare quanta più pubblicità possibile.
La cosa più incredibile di questi sistemi è il grado di specificità che sono riusciti a raggiungere. Un algoritmo analizza continuamente centinaia di segnali e parametri che gli vengono inviati dal nostro comportamento e dalle nostre interazioni coi contenuti che ci vengono proposti.
I SEGNALI/PARAMETRI CHE VENGONO ANALIZZATI
Quali sono questi segnali?
I “mi piace“, i commenti, le foto, le immagini, le condivisioni, le visualizzazioni, etc etc. Il DL (Deep Learning) è addiritttura in grado di classificare la tipologia di video migliori da proporre in base al lessico parlato nei video stessi. Questo e tanto altro, signori.
In questo modo classifica gusti e argomenti perfetti da proporre ad ognuno di noi durante il giorno. Al solo scopo di farci rimanere lì.
Per cui basterà ignorare, per una volta o due, una determinata news di un amico o di una pagina che si segue per farla scivolare in uno pseudo-dimenticatoio a favore di altro (a pura discrezione dell’algoritmo) che ci tenga ingaggiati ed incollati allo schermo.
Naturalmente l’algoritmo viene continuamente adeguato con particolare dovizia dagli ingegneri stessi in modo che possa essere sempre più calzante al tipo di pubblico a cui è rivolto.
C’è un termine per descrivere al meglio questo comportamento: CONTROLLO.
A questo punto prendete un ragazzino, con la voglia di apprendere, conoscere e scoprire che lo caratterizza e la totale mancanza dei freni inibitori donati dalla maturità…e datelo in pasto a queste intelligenze artificiali.
Non so se comprendete il danno abnorme che si può creare con così poco: semplicemente lasciandogli uno smartphone in mano.
IL SECONDO SCOPO
Questo è solo uno degli scopi principe di queste maxi-società. Ce n’è un altro, altrettanto subdolo: vendere la nostra profilazione alle altre imprese interessate.
I nostri dati rappresentano uno dei principali asset delle aziende, il loro valore si estrinseca principalmente nella capacità di correlarli e analizzarli al fine di supportare, definire ed elaborare le migliori strategie commerciali possibili. La vendita di questi dati rappresenta un enorme bacino di guadagno.
Gli operatori di questo settore sono specializzati nell’analisi e nella trasformazione dei dati a disposizione in vera e propria “moneta sonante”.
Discorso che si interfaccia con i famosi consensi che si danno all’atto della creazione dei profili. Ecco (anche) cosa si approva.
LE CONSEGUENZE
Questo è ciò che sta succedendo. Siamo spiati e controllati in tutto ciò che facciamo. Ma questo si sapeva già, no? Beh, non trovate che se ne parli con un pò troppa leggerezza? É un’amara verità a cui non è detto sia necessario abituarsi.
Pensiamo a questo: cosa succede se il nostro account con 1500 amici scompare da un momento all’altro? E se il nostro canale aziendale da 50.000 follower ci viene cancellato? (n.b.: succede tutti i giorni a centinaia di persone per mille motivi!). Lavoro, socialità…la salute stessa (!) potrebbero subire conseguenze deleterie.
Perchè, parliamoci chiaro, c’è chi coi social ci lavora e chi gli affida direttamente la propria vita (foto, eventi importanti, di tutto!).
Questo significa mettere in mano a questi signori tutti i nostri dati sensibili e un POTERE ENORME che non dovrebbero avere: sanno dove abitiamo, quali sono le nostre email, le carte di credito, i nostri gusti, messaggi privati (pensate anche a google, messenger & c.) etc etc. Ma non solo quello: ci alimentano di piacere (perchè sostanzialmente si tratta di uno studiato e sovralimentato circuito dopaminergico) per, in fine, avere il nostro pieno controllo.
Attenzione: non sto dicendo di cancellare completamente una parte della nostra vita da un momento all’altro ma, da adulto senziente, non posso che sommare tutto ciò sino adesso affermato e ribadire che occorre assolutamente una presa di coscienza. Occorre riprendere potere.
Queste società sono diventate i veri padroni del mondo. Non è solo un problema dei singoli: possono oscurare ambasciate, governi, capi di stato, etc. (vedi ultima notizia che allego in fondo al post).
LE POSSIBILI SOLUZIONI
Di certo, ripeto, credo occorra prendere coscienza della situazione. Mandarli tutti a quel paese sarebbe la cosa più responsabile da fare (chiudere i vari account e tanti saluti) ma la verità è che IL LAVORO e gran parte della socialità, ad oggi, sono ancorati a quel mondo. Questo è il grosso vantaggio che queste mega aziende hanno dalla loro.
Bisogna quindi agire con saggezza, conoscere bene ciò che si ha di fronte, informarsi e sviluppare un pensiero critico iniziando ad intraprendere azioni personali (e collettive) verso un rimodellamento di questo desolante panorama.
Insomma, NON BISOGNA ADATTARSI AL CONTESTO ma incominciare a muoversi diversamente, a piccoli passi, anche controcorrente, se necessario.
LA MIA VISIONE
Lascio una visione del tutto personale, a cui dare il valore che ritenete più idoneo: il tempo degli influencer e dell’egoriferimento è finito.
Dobbiamo tornare a capire che sono famiglia e amici – veri e tangibili, non quelli sui social – le uniche forme sociali con cui condividere i nostri problemi e la nostra vita, non tutto il resto del mondo.
Il lavoro deve rimanere un servizio che svolgiamo per nobilitare noi stessi ma che facciamo agli-e-per gli altri. Serve passione alla base: occorre smettere di guardarsi allo specchio (gran parte degli account sfociano nell’autocompiacimento) e offrire invece un profilo più basso e competente, qualcosa di valido e produttivo. Il soggetto di questo discorso diventa ciò che si può fare per gli altri. Si chiama altruismo, è quasi ESTINTO e consta in 4 pilastri fondamentali: utilità, disponibilità, cortesia ed educazione.
Scusate lo sfogo, ma da qualcosa bisognerà pur cominciare.
Stiamo vivendo una sorta di medio evo tecnologico dove in queste “piazze sociali” ognuno sputa la propria sentenza, esibisce, ostenta, accusa, giustifica. E al di sopra volano questi aziendoni impassibili, che non fanno nulla se non acquisire, dirigere e controllare. Diventiamo tutti pedine gestibili con un click. Pensateci.
LA MIA INNOCUA PRESA DI POSIZIONE
Nel mio piccolo, come canale “editoriale” su corsa e triathlon, una posizione l’ho presa; qualcosa ho già fatto.
N.B.: Adesso parlerò della mia esperienza personale quindi siete liberi di leggere ciò che segue oppure passare direttamente ai saluti.
Ho scritto a facebook esponendo un mio personale quanto delineato giudizio sul loro algoritmo e il loro modo di comportarsi, ben conscio che se ne sarebbero sbattuti allegramente. Ma tant’è: almeno mi sono sfogato.
Ho ricevuto una non identificata risposta di un dipendente che diceva che non ero l’unico a lamentarsi dell’algoritmo ma che non era possibile fare nulla di concreto poichè le decisioni delle politiche aziendali spettavano alla dirigenza centrale.
Next step: ho deciso di aprire un canale TELEGRAM.
IL MIO CANALE TELEGRAM
Telegram è un’app di messaggistica crittografata end-to-end dove puoi disporre della privacy che desideri e, se ti iscrivi ad un canale, puoi andare a vederne gli aggiornamenti quando e come cavolo ti pare, senza che nessuno te li faccia scomparire magicamente. É gratuito, non c’è alcun tipo di pubblicità e i file che si caricano nei post rimangono tali e quali, non perdono in definizione. In questo modo è possibile impostare la propria comunicazione ritagliandosi una “room” del tutto personale.
Nel mio caso, mirando ad un canale utile, appassionato e senza tanti fronzoli, che si distacchi dai “soliti” crismi (i like su tutti) è di certo la scelta che eticamente mi fornisce più opzioni in linea con ciò che penso, anche se significa perdere contatti (non tutti hanno telegram, non tutti sono disposti a “cambiare canale”).
DECISIONI E TEST
Dopodichè ho deciso di sfruttare i principali social di cui dispongo (FB, Instagram) esattamente come loro sfruttano me: senza più lasciare contenuti reali, ma a puro scopo commerciale, nel caso fosse necessario: pubblicità verso altro (questo stesso blog, il canale Telegram o i miei libri).
Poi ho tentato un test. Ho scritto un post mirato sia su FB, sia su Instagram dove ho spiegato come intendevo comportarmi.
Mi piacciono i test. Mi piace analizzarne i risultati.
Guarda caso da quel preciso momento in poi le visualizzazioni dei post successivi sono diminuite esponenzialmente.
Sono passato da un migliaio di persone raggiunte in media in organico (vedi due esempi).

a 78 (SETTANTOTTO) del penultimo post (vedi sempre esempio – dato preso dopo tre giorni dalla pubblicazione – aggiornamento: raggiunte in fine 89 persone…il post successivo…59!!!).

Conseguenze del famigerato algoritmo oppure architettata vendetta?
Non so e non mi interessa. A chi legge l’ardua sentenza. A me non cambia nulla, chi desidera seguire ciò che pubblico potrà continuare a farlo comunque. Da questo punto di vista, nel caso riteneste il mio canale utile per voi e i vostri amici o conoscenti, parlatene, condividetelo ed invitateli ad unirsi. Non è un social ma solo un piccolo e sentito progetto editoriale.
CONCLUDENDO
Ci tenevo a fare questa analisi, che spero serva come piccolo seme di coerenza per voi e i vostri cari. Inoltre adesso sapete cosa penso e cosa eventualmente condividerete sul mio canale.
E se anche voi vorrete reagire a questa situazione avrete tutto il mio appoggio (per ciò che può valere).
Alla prox.
D.
Nel frattempo, proprio qualche ora dopo aver scritto questo post, neanche a farlo apposta, leggo…..:“FACEBOOK – Oscurati con un click i principali editori australiani”.
“Una arrogante dimostrazione di bullismo digitale. Non ci faremo intimidire”. Questa l’affermazione di Scott Morrison, il premier australiano. Segue link notizia.